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UNO STRANO CASO DI PSICOPATOLOGIA POLITICA: IL PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO

UNO STRANO CASO DI PSICOPATOLOGIA POLITICA:
IL PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO

di Stefano Zecchinelli

1. Che la rivoluzione anticoloniale portata nel 1949 a buon fine da Mao Zedong sia stata un avvenimento importante e progressivo è cosa certa per chi sostiene posizioni antimperialiste. Cosa ben diversa è la mitizzazione degli avvenimenti storici, la creazione di un passato eroico da venerare e proteggere contro possibili contaminazioni.
Questo è il caso di una piccola setta che, in questo brevissimo intervento, voglio prendere in esame: il PMLI (Partito marxista-leninista italiano).
La riflessione che sicuramente non sarà lunga è mirata a focalizzare un esempio di psicopatologia politica prodotta (e non potrebbe essere altrimenti!) dai dispositivi totalizzanti della attuale società capitalistica.
Prima di affrontare “il caso” PMLI confermo la riflessione, fatta in un suo recente intervento, di Marino Badiale, il quale spiega come molte persone approdano all’anticapitalismo dopo aver provato sulla propria pelle, gli effetti manipolatori del “nuovo” capitalismo assoluto.
Non è una cosa da poco, perché una persona provata psicologicamente, da una parte è fortemente ostile alla distopia liberista, ma dall’altra ha forti problemi ad integrarsi in una comunità politica e quindi a svolgere lavoro collettivo. Le sette, come il gruppo che voglio esaminare (od anche Lotta Comunista e Socialismo Rivoluzionario (1), sostituiscono la collaborazione fra compagni e quindi anche il confronto con il legame di fratellanza, propedeutico alla subordinazione acritica e al culto del capo.
Ma andiamo a vedere più nello specifico il Partito marxista-leninista italiano.

2. Il PMLI viene fondato a Firenze, da Giovanni Scuderi, il 9 aprile 1977. I militanti aderirono nel 1967 al Partito comunista d’Italia, e due anni dopo fondarono l’Organizzazione comunista bolscevica Italiana marxista-leninista.
Il riferimento teorico di questo partito è il “marxismo-leninismo pensiero di Mao” considerato il punto più altro di elaborazione teorica m-l (vie nazionali al socialismo). Qui bisogna aprire una parentesi: una cosa è stato il maoismo politico che ha dato vita a sette folcloristiche come il PMLI (o Linea Rossa, fino a Lotta e Unità), un’altra il maoismo teorico che ha trovato in Europa i suoi massimi esponenti in Charles Bettelheim e Gianfranco La Grassa.
Il maoismo teorico ha avuto il grande merito di capire che il processo storico segue un percorso multilineare e quindi lo studio del marxismo cinese non può prescindere dallo studio dei modi di produzione asiatici; non c’è che dire, basta questo per mettere le bandiere sulla inutilità delle sette m-l, un mix di folclore politico e dottrinale.

3. Il PMLI rifiuta il trotskismo, il revisionismo di Cruscev, Deng e Hoxha, considera Gramsci il precursore del togliattismo e parla di una inesistente Rosa Luxemburg pacifista. Non male, ma andiamo per ordine.
Sicuramente il partito di Scuderi accoglie la tesi di Mao sul revisionismo emerso nel XX Congresso del PCUS, quindi il progressivo ripristino del capitalismo in Urss fino al social-imperialismo di Breznev. Deng ha deviato la via “socialista” del “Grande Timoniere” e ci siamo, mentre Hoxha, che nel ’79 rompe con la Cina, diventa, assurdamente un trotskista.
Nel 1975 “i nostri” (riferito al PMLI) stringono rapporti con il Partito comunista della Cambogia e dopo l’invasione della Cambogia fatta dal Vientnam, Dario Granito dirigente PMLI, si reca nella zona controllata dai Khmer Rossi; un simpatico pellegrinaggio.
Poco importa che Pol Pot fosse finanziato dalla CIA, contro un paese (il Vietnam) appoggiato dall’Urss; c’era il social-imperialismo sovietico e un marxista doveva dare priorità alla lotta contro questo (come no, miei cari!).
Nel 1979 dopo la rivoluzione iraniana, “i nostri”  la festeggiarono come rivolta antimperialista e ancora oggi nelle “Tesi per il quinto Congresso nazionale del PMLI” si legge:

“La Repubblica islamica dell’Iran tiene testa all’arroganza ed ai progetti dell’imperialismo americano e dei Sionisti di Tel Aviv e tra l’altro difende il proprio diritto allo sviluppo nucleare civile strumentalmente attaccato dai due paesi con l’avvallo della UE”

Un po’ più sotto troviamo questa gustosa affermazione:

” Un movimento di liberazione nazionale può allearsi tatticamente anche col diavolo, interno e esterno al proprio paese, pur di realizzare la liberazione del suo popolo e del suo paese”.

Direi che un marxista subito capisce che la categoria di social-imperialismo è un “non-senso”. L’Urss era un paese estremamente conservatore per ciò che riguardava le sue capacità di espansione, ed avendo al potere una “nuova classe” (Gilas) di burocrati  non si capisce come poteva emulare, in quanto a pericolosità, l’imperialismo americano caratterizzato dal primato del capitale privato finanziario.
Un marxista capisce ciò, ovviamente non dei preti che come tutti gli aderenti ad una religione devono cercare il nemico assoluto. Il PMLI lo trova ad occhi chiusi perché la fede è un balzo nel vuoto nel social-imperialismo e nel trotskismo.
Scuderi non ha cura del massacro che i militanti del Tudeh (Partito comunista iraniano) hanno subito da parte delle teocrazie islamiche: l’Urss era un paese imperialistico (avrebbero, come minimo, dovuto presentare delle analisi), e l’Iran del pretume nero, un baluardo dell’antimperialismo.
L’eroico capo del Tudeh, Noudeddin Kianouri, muore nelle carceri iraniane con le gambe segate, ma per ‘’i nostri’’ era una spia dell’imperialismo sovietico. Ecco dove conducono tutte le religioni, triste destino dei loro adepti!
Per ciò che riguarda il trotskismo la cosa è a dir poco tragicomica. Si legge nel loro sito e sul loro giornale ‘Il “Bolscevico” del pericolo trotskista rappresentato da Cossutta, da Bertinotti, dai CARC, da storici come Canfora e Losurdo. Insomma chi più ne ha più ne metta, nel loro pentolone c’è sempre posto.
Dobbiamo sempre procedere con un metodo di analisi simile a quello che occorre per capire le sette religiose. Da una parte ci sono “l’invincibile pensiero di Mao Zedong” e i “cinque maestri” quindi il bene (“invincibile” come per il cristiano Dio è la verità assoluta), dall’altra chi storicamente ha rappresentato una alternativa di cambiamento sociale quindi il revisionismo, la “deviazione”, e usando un linguaggio mistico “il male”.
La prassi commemorativa, le parate, le celebrazioni, sono il loro piatto forte. Il militante politico per superare lo stato di cose presente analizza criticamente il suo passato cercando di non ripetere gli errori fatti dai compagni che l’hanno preceduto; chi aderisce ad una setta (come il PMLI e Lotta Comunista), invece, si preoccupa di conservare il passato, imbalsamarlo, con la paura di essere schiacciato dal terribile mondo in cui viviamo.
Ci sono due modi di reagire alle vittorie del neocapitalismo: il primo è quello di adattarsi, cedere all’opportunismo tattico, per poi mascherare la propria adesione a ciò che si era criticato con costrutti teorici deprimenti; il secondo è quello di crearsi un mondo parallelo (come osserva giustamente Costanzo Preve) e rotolare tranquillamente accanto all’inferno attuale.
Per carità, ci possono anche essere convergenze e il lavoro nei sindacati reazionari di Lotta Comunista ne è una prova, ma, non essendo questa una critica attribuibile al PMLI, preferisco fermarmi qua.
Le sette sovrappongo il legame di fratellanza alla collaborazione, e il culto del capo alla democrazia di partito. I compagni diventano dei fratelli (come in Socialismo Rivoluzionario) e il capo, non solo, una sorta di grande (ed infallibile) maestro, ma anche un padre severo, a cui non si può disubbidire.
Nello Statuto del partito leggiamo:

 I membri del Partito devono praticare il marxismo e non il revisionismo, sostenere l’unità e non la scissione, essere sinceri e onesti e non ricorrere agli intrighi e ai complotti, debbono osare andare contro corrente, praticare la critica e l’autocritica, essere modesti e avveduti, condurre una vita semplice e rivoluzionaria, formare una cosa sola col Partito, essere in ogni momento col Partito e del Partito” (Capitolo 1 Il Partito).

Ed ancora:

” La denuncia degli errori e la critica dei difetti devono avere lo scopo di “imparare dagli errori passati per evitare quelli futuri e curare la malattia per salvare il paziente”, occorre saper distinguere fra i due differenti tipi di contraddizione, quelle in seno al popolo e quelle tra il nemico e noi. Non bisogna colpire con violenza e sconsideratamente i compagni che non nascondono la malattia, desiderano curarsi e correggersi e non persistono negli errori. La critica deve essere aperta e leale ed avere lo scopo di unire e non di dividere, tutte le misure disciplinari vanno adottate solo dopo approfondito esame e con una precisa motivazione” (Capitolo 5 Misure disciplinari).

Il marxismo ora è una “pratica” (ed io che parlavo di metodo marxista), vita monacale (e ci sta!), pericolo di contaminazioni esterne.
Il partito in questo caso è un guscio; l’unità fra compagni è sacrale e la ‘’pratica’’ del marxismo una sorta di rito religioso per esorcizzare la selezione del mercato.
L’individuo è spersonalizzato sia davanti al capo/maestro e sia davanti al passato dominato da grandi eroi invincibili e quindi irripetibili; insomma, molto brevemente, direi che si tratta di masochismo politico.
Mi stupisce il gusto con cui questi individui si auto annullano quasi si fanno vittime sacrificali davanti ad una catastrofe imminente. Slogan e celebrazioni, toni austeri e promesse di vittorie future. È questa la caratterista del PMLI: il fascino di una promessa che passa attraverso la mummificazione del passato.

Concludo questo articolo, che spero faccia seguire ulteriore riflessioni soprattutto fra i lettori, con una citazione del “male”:

” Per questi sterili profeti non c’è nessun bisogno di un ponte, sotto forma di rivendicazioni transitorie, perché non hanno nessuna intenzione di passare sull’altra sponda. Segnano il passo, si accontentano di ripetere le stesse vuote astrazioni. Gli avvenimenti politici sono per loro l’occasione per fare dei commenti, non per agire. Siccome, al pari dei confusionisti e dei facitori di miracoli di ogni genere, subiscono ad ogni momento ceffoni dalla realtà, i settari vivono in un permanente stato di irritazione, lagnandosi di continuo del “sistema” e dei suoi “metodi” e abbandonandosi a piccoli intrighi. Nei loro ambienti impongono di solito un regime dispotico. La prostrazione politica del settarismo non fa che accompagnare, come un’ombra, la prostrazione dell’opportunismo senza aprire prospettive rivoluzionarie”
(Leon Trotsky “Contro il settarismo” da “Il Programma di Transizione“).

E che la pace sia con loro! Amen!

P.S. ”Il male” ovviamente è il meraviglioso capo dell’Armata Rossa Leon Trotsky!

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Note:

 (1) Consiglio sicuramente il libro curato dal compagno Stefano Santarelli su Socialismo Rivoluzionario, altra setta: ”Dietro la non-politica. Quando il ”socialismo rivoluzionario” vive di apparati, espulsione e culto della personalità” – Ed. MASSARI – 2009

dal sito  http://bentornatabandierarossa.blogspot.com/

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KAROL WOJTYLA: DA HITLER A BUSH

KAROL WOJTYLA: DA HITLER A BUSH

di Stefano Zecchinelli

1. La beatificazione di Karol Woytila, meglio conosciuto come Giovanni Paolo II, avvenuta questo primo maggio, è un attacco frontale della borghesia verso tutto il mondo del lavoro, quindi è bene cercare di prendere, una volta per tutte, di petto la questione. Woytila è stato uno dei migliori uomini della borghesia,un burocrate cinico e senza scrupoli; il primo maggio 1886, a Chicago il movimento operaio rivendicava le otto ore di lavoro, stabilite dalla legge, ora che questa rivendicazione sta per essere smantellata, il nemico di classe mette sull’altare uno dei suoi tecnici più capaci. In questo breve saggio, cercherò di spiegare il posto che Karol Woylila,ha avuto nell’articolazione del conflitto di classe,durante il suo lungo pontificato;questo studio non può prescindere da un metodo marxista e scientifico.

2. Dirò subito, che il pontificato di Giovanni Paolo II coincide con la massima egemonia dell’imperialismo yankee nel mondo,quindi chi vuole criticare questa figura, deve, a mio avviso, tenere presente questa coordinata fondamentale. Mettendo da parte la retorica, a dir poco demenziale, del Papa buono che distrugge un improbabile regime comunista, quando, a dispetto di Woytila, le vecchie burocrazie si sono riciclate in borghesie private (quindi quali sconfitti?), facendo danni enormi per ciò che riguarda i diritti sociali,mi concentrerei,sul cuore del problema. Gli Stati Uniti vincono il conflitto strategico con l’Urss, stabiliscono la loro egemonia nel mondo, ma l’azione politica, e in questo Gramsci ci ha dato una grande lezione,necessita di una ideologia,o se vogliamo (in linguaggio gramsciano), necessita di una visione del mondo dominante. Bene, partirò proprio da lì, e in particolare, dal rapporto che intercorre fra la Teologia dell’Opus Dei,e il cinismo filosofico dei neoconservatori americani.

3. Non mi metto a parlare della nascita dell’Opus Dei, fondata il 28 ottobre 1928 a Madrid da Josemaria Escrivà, figura vicina al fascismo spagnolo. Inutile soffermarsi su questi argomenti, come non mi interessa in questa sede parlare degli scandali finanziari dell’Opus Dei, vera e propria organizzazione para-mafiosa; io non amo fare in modo scolastico quello che altri hanno fatto scendendo nell’analitico.Tornerò, rispettando gli spazi, invece sulla teologia, cosa che a me preme un po’ di più. Molti studiosi hanno comparato la produzione ideologica dell’Opus Dei con l’ideologia calvinista, studiata da Weber in ‘’L’etica protestante e lo spirito del capitalismo’’. In entrambe le ideologie c’è il culto del lavoro,che santifica e porta ricchezza,quindi una forte difesa dei principi del capitalismo,come la proprietà (capitalistica). Inoltre sia il calvinismo che la Teologia dell’Opus Dei si fondano sul dogma della depravazione totale dell’uomo; la natura umana è corrotta in virtù del peccato originale, e l’uomo per salvarsi ha bisogno di affidarsi totalmente alla grazia di Dio. Il problema della libertà si risolve con la benevolenza divina,che indica agli uomini la via della salvezza; ovviamente,’’il sommo’’ fa leva su uomini illuminati,pochi eletti capaci di diffondere il suo verbo. Vediamo adesso, per grandi linee, cosa dice Leo Strauss, il principale esponente dei neoconservatori americani.

4. Leo Strauss, allievo di Carl Schmitt ,attribuisce alla religione un ruolo di conservazione sociale, in una funzione antimoderna, per schiacciare sia la democrazia e sia il socialismo, in quanto prodotti della Rivoluzione Francese. In filosofia però Strauss restava,forte della lezione di Nietzsche ed Heidegger, un nichilista radicale, quindi il suo è un ateismo devoto, da dare in pasto al popolaccio ignorante; i valori assoluti, come la religione, i valori morali e le categorie politiche (in questo,in parte,differisce da Schmitt), devono essere fatti ingoiare alle masse, mentre i prescelti (vedete l’analogia con la Teologia dell’Opus Dei), dispongono della verità. ‘’Il nostro’’ (riferito a Strauss) deforma,chiaramente il pensiero di Platone, e per la precisione, quella che il grande filosofo greco,chiamava la ‘’nobile menzogna’’. Solo i migliori, e quindi i tecnici, hanno il compito di esercitate il potere, tutti gli altri devono solo mettersi da parte, ed attendere;tutte cose molto interessanti, dato che saranno riprese da Alexandre Kojève nella sua ‘’Introduzione alla lettura di Hegel’’, e dal pupazzetto nippo-americano Fukuyama, il teorico della fine della storia. Strauss riprende il personaggio di Callicle, del ‘’Il Gorgia’’ sempre di Platone, sinistra figura che ispirerà anche il prenazista Nietzsche. (1) Insomma,un messaggio anticristiano, che conquisterà le burocrazie clericali, impegnate in quel momento a combattere, l’avanzata in America Latina della Teologia della Liberazione. E’ interessante accennare a come si presta attenzione, sia nella Teologia dell’Opus Dei che nel cinismo filosofico, alla formazione di questi ‘’migliori’’; le ideologie si concretizzano sempre in apparati burocratici, e la selezione al loro interno deve riflettere la divisione sociale del lavoro capitalistica,non è un caso che le università si siano ridotte a delle corporazioni mafiosissime,e producano solo spazzatura,in tutti i campi del sapere. I compagni hanno sottovalutato tutto ciò, non rilevando nemmeno come a ridosso dall’inizio del pontificato di Woytila, nasce la Commissione Trilaterale, che nel suo bollettino politico ‘’La crisi della democrazia’’ afferma la necessità di svuotare quest’ultima di contenuto,lasciando solo l’involucro politico,una sorta di etichetta di garanzia. Allora rifissiamo i punti cardini della discussione :la Teologia segue la filosofia politica (e sociologia) borghese,quindi Leone XIII sta a Max Weber,come Karol Woytila a Leo Strauss. La Teologia dell’Opus Dei ha la punta di diamante nell’Enciclica Centesimus Annus,dove il ‘’Papa buono’’ attacca le economie dei paesi dell’est,e soprattutto la Teologia della Liberazione. Prima di vedere un po’ cosa dice ‘’il nostro’’, premettiamo che questa Enciclica è stata scritta per i cento anni,dalla Rerum Novarum di Leone XIII, bella coincidenza; come osserva Gramsci, Leone XIII scrisse questa Enciclica per arginare il movimento operaio che era passato ‘’dal primitivismo a una fase realistica e concreta’’ (2), la storia si ripete.

Citiamo un po’ l’amico di Pinochet:

 ‘’ Proponendosi di far luce sul conflitto che si era venuto a creare tra capitale e lavoro, Leone XIII affermava i diritti fondamentali dei lavoratori. Per questo, la chiave di lettura del testo leoniano è la dignità del lavoratore in quanto tale e, per ciò stesso, la dignità del lavoro, che viene definito come «l’attività umana ordinata a provvedere ai bisogni della vita, e specialmente alla conservazione».Il Pontefice qualifica il lavoro come «personale», perché «la forza attiva è inerente alla persona e del tutto propria di chi la esercita ed al cui vantaggio fu data». Il lavoro appartiene così alla vocazione di ogni persona; l’uomo, anzi, si esprime e si realizza nella sua attività di lavoro. Nello stesso tempo, il lavoro ha una dimensione «sociale» per la sua intima relazione sia con la famiglia, sia anche col bene comune, «poiché si può affermare con verità che il lavoro degli operai è quello che produce la ricchezza degli Stati». È quanto ho ripreso e sviluppato nell’Enciclica Laborem exercens’’. (3)

Ed ancora:

‘’ Un altro principio rilevante è senza dubbio quello del diritto alla «proprietà privata». Lo spazio stesso, che l’Enciclica gli dedica, rivela l’importanza che gli si attribuisce. Il Papa è ben cosciente del fatto che la proprietà privata non è un valore assoluto, né tralascia di proclamare i principi di necessaria complementarità, come quello della destinazione universale dei beni della terra. D’altra parte, è senz’altro vero che il tipo di proprietà privata, che egli precipuamente considera, è quello della proprietà della terra. Ciò, tuttavia, non impedisce che le ragioni addotte per tutelare la proprietà privata, ossia per affermare il diritto di possedere le cose necessarie per lo sviluppo personale e della propria famiglia — quale che sia la forma concreta che questo diritto può assumere —, conservino oggi il loro valore. Ciò deve essere nuovamente affermato sia di fronte ai cambiamenti, di cui siamo testimoni, avvenuti nei sistemi dove imperava la proprietà collettiva dei mezzi di produzione; sia anche di fronte ai crescenti fenomeni di povertà o, più esattamente, agli impedimenti della proprietà privata, che si presentano in tante parti del mondo, comprese quelle in cui predominano i sistemi che dell’affermazione del diritto di proprietà privata fanno il loro fulcro. A seguito di detti cambiamenti e della persistenza della povertà, si rivela necessaria una più profonda analisi del problema, come sarà sviluppata più avanti’’. (4)

 Mi sembra che qui Woytila riprenda il Rotarismo delle origini, per cui in funzione antimarxista, è necessario fare leva sui servizi sociali; ingegnoso espediente con cui le borghesie congelano il conflitto di classe. Quindi richiamando ai valori morali, e all’etica sociale (ancora Strauss e Woytila vanno a braccetto), si cerca di arginare il capitalismo di rapina. Il nostro scrive questa Enciclica, in contemporanea con lo sgretolamento delle Repubbliche Popolari dell’Est (che poi di popolare non avevano proprio nulla!), e quindi era necessario attenuare l’attrito Gran Capitale/Lavoro salariato prima del macello neoliberista. Il Pontefice,in quanto maschera di facciata del capitalismo, non poteva non cercare di tappare quel vuoto sociale,che nell’immaginario comune si sarebbe creato con la caduta, del ‘’socialismo reale’’. Poco più sotto abbiamo un vero gioiello: ‘’ In tal modo il principio, che oggi chiamiamo di solidarietà, e la cui validità, sia nell’ordine interno a ciascuna Nazione, sia nell’ordine internazionale, ho richiamato nella Sollicitudo rei socialis,si dimostra come uno dei principi basilari della concezione cristiana dell’organizzazione sociale e politica. Esso è più volte enunciato da Leone XIII col nome di «amicizia», che troviamo già nella filosofia greca; da Pio XI è designato col nome non meno significativo di «carità sociale», mentre Paolo VI, ampliando il concetto secondo le moderne e molteplici dimensioni della questione sociale, parlava di «civiltà dell’amore»’’. (5) E’ chiaro a chi procede con il ”Grande Metodo” (Brecht) che Leone XIII ha camminato di pari passo con l’avvento degli Stati Uniti, la potenza emergente di fine ‘800, e quindi con l’introduzione dell’economia fordista; mentre Woytila, richiamandosi al corporativismo, ha cercato di armonizzare il passaggio dal fordismo stesso, al managerialismo. In questo la Teologia papale è andata a braccetto,prima con la teoria politica dell’hitlerismo (applicazione del fordismo nell’Europa centrale), e poi con la teoria politica dell’imperialismo yankee. Insomma, il quadro che ne esce è abbastanza chiaro: Karol Woytila è stato l’uomo immagine (o almeno poco ci manca) della massima espansione dell’imperialismo americano nel globo terrestre; ha benedetto il passaggio dal mondo bipolare a quello unipolare, dedicando i suoi ‘’padre nostro’’ alla strategia (del contenimento) della potenza egemone. I poveri? Il buon Karol, come ha dimostrato in Nicaragua,Cile,e Argentina (giusto per fare qualche piccolissimo esempio!),a dir poco ‘’se ne fotteva’’.In Teologia,’’il nostro’’ ha rielaborato tutto ciò che i neoconservatori hanno detto in filosofia; quindi abbiamo avuto inizialmente una sorta di hitlerismo morbido, per poi arrivare, cercando anche di ottenere dei consensi sociali,ad un riutilizzo del rotarismo delle origini; dalla massoneria nera a quella bianca,e la borghesia esce con l’anima in pace dalla sua Chiesa. Dulcis in fundo (chiaroveggenza divina?), negli ultimissimi anni del suo pontificato,ha ‘’quasi’’ anticipato, il passaggio dalla strategia della tigre di Bush, e quindi dell’attacco frontale,a quello della diplomazia strisciante di Obama; insomma, un burocrate di tutto rispetto e con grandi capacità. Sono arrivato alla conclusione, ma ripercorrendo,e qui il mio essere ripetitivo è semplicemente per il congedo,la produzione ideologia dell’amico di Pinochet,non posso che sintetizzare in questo modo la sua vera funzione politica:Karol Woytila da Hitler a Bush.

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NOTE:

1) da “Maschera e volto” di Leo Strauss ‘’Le radici culturali del neocon.Da Weimar alla nobile menzogna’’ di Matteo D’Amico.Pubblicato su Alfa e Omega marzo-aprile 2005. Fonte: http://www.kelebekler.com/occ/strauss01.h

2) Antonio Gramsci ‘’Il Vaticano e l’Italia’’ Ed. Riuniti 197

3) Giovanni Paolo II’Centesimus annus’’ Fonte: http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_01051991_centesimus-annus_it.html

4) Ibidem

5) Ibidem

4 maggio 2011

dal sito http://bentornatabandierarossa.blogspot.com/

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IL MARXISMO DI TROTSKY FRA SCIENZA E DIALETTICA DELLA NATURA

 
   IL MARXISMO DI TROTSKY FRA SCIENZA E DIALETTICA DELLA NATURA

                                                       di Stefano Zecchinelli

1. Il modo miglior per introdurre il dibattito sul marxismo di Trotsky e la scienza, è citare il marxista peruviano J.C. Mariategui che dirà, a riguardo di Lev Davidovic:

‘’Trotsky non è solo un protagonista,ma anche un filosofo, uno storico,un critico della rivoluzione. Naturalmente nessun dirigente della rivoluzione può mancare di una visione panoramica e sicura delle sue radici e della sua genesi. Lenin, per esempio, si distinse per una facoltà singolare di percepire e comprendere la direzione della storia contemporanea e il senso dei suoi avvenimenti. Ma anche gli studi più penetranti di Lenin non andarono oltre le questioni politiche ed economiche. Trotsky, invece, si è interessato egualmente, alle conseguenze della rivoluzione nel campo della filosofia e dell’arte’’.

Trotsky si è interessato di filosofia,di arte,ed anche di scienza,come dimostrano molti suoi scritti (A,b,c,della dialettica o Marxismo e scienza),cogliendo,con le armi affilate della critica,il punto di vista della totalità.

2. Il più grande (e completo) teorico marxista del secolo scorso (secondo me superiore anche a Lenin!), inizia ad interessarsi seriamente di scienza, quando, morto Lenin, gli fu affidata la Presidenza dell’Ufficio Tecnico-Scientifico dell’Industria.
Come testimonia nella sua autobiografia, la scienza naturale è uno dei suoi grandi interessi:

‘’Non per nulla in gioventù avevo avuto intenzione di entrare nella facoltà di fisica e matematica.  I problemi delle scienze naturali e della tecnologia mi riposavano in un certo modo dalla politica.  In qualità di capo dell’Amministrazione elettrotecnica visitai le centrali elettriche in costruzione e feci in particolare un viaggio fino a Dneper dove si stavano facendo grandi preparativi per la futura stazione idroelettrica. Due barcaioli mi condussero con un canotto oltre un vortice, tra le due cascate, lungo la vecchia strada dei cosacchi di Saporog. Era un’avventura puramente sportiva. Ma l’impresa del Dnerpr mi interessava molto anche dal punto di vista economico e tecnico’’. (1)

Tutto questo era vincolato,chiaramente,al riconoscimento della superiorità delle forze produttive mondiali sulle forze produttive nazionali, diventando una campagna contro,la reazionaria teoria del socialismo in un paese solo di Stalin.

3. Al Congresso per il centenario della nascita di Dmitrij Mendeleev, Lev Davidovic dimostra di saper applicare in modo magistrale la dialettica materialistica,al campo delle scienze naturali; vediamo come articola questo discorso.
La società socialista non è indifferente verso la società borghese,ma ‘’si appropria dell’eredità culturale del passato non nella sua totalità,ma soltanto nella misura conforme alla sua struttura’’, dimostrando fiducia nelle scienze consacrate allo studio della natura.
Trotsky si propone l’obiettivo di dimostrare come la scienza debba avere una funzione sociale,accrescendo la facoltà dell’uomo di dominare la natura.
Nel periodo che intercorreva fra la scoperta di Nettuno (1846),e le Rivoluzioni del 1848,Marx ed Engels scrissero il ‘’Manifesto del Partito Comunista’’,analizzando la logica dei movimenti sociali che avrebbero portato alla dittatura del proletariato; del resto, fu il Fisico Luigi Fantappiè, a descrive il ‘’potenziale anticipato’’, formula che ha trovato ampio riscontro, anche, nella scienza sociale.
L’uomo che ha saputo comandare l’Armata Rossa,continua così:

‘’Lo stesso si può dire per la sociologia. Per spiegare i fenomeni sociali non è necessario far ricorso a una specie di fonte eterna o ricercarne l’origine in un altro mondo. La società è il prodotto dello sviluppo della materia primaria, come la crosta terrestre,come l’ameba. In questo modo il pensiero scientifico penetra con i suoi metodi come una punta di diamante attraverso il complesso fenomeno dell’ideologia sociale sino al sostrato ultimo della materia, ai suoi elementi componenti, ai suoi atomi con le loro proprietà fisiche e meccaniche’’. (2)

Darwin, nonostante non conoscesse Hegel e Marx, applicò la Dialettica Materialistica alla sfera della vita organica,capendo la trasformazione della quantità in qualità.
Molti chimici,da non marxisti, commettono l’errore di indagare la struttura anatomica senza soffermasi sulla Struttura Storica ed Economica di una Società,o preferiscono lo studio della fisiologia dei riflessi,alla lotta sociale per la sopravvivenza.

4. La chimica è ‘’la scienza della trasformazione’’ e quindi,è di per sé dialettica,si oppone al pensiero assoluto e conservatore delle categorie immutabili.
Engels nel saggio ‘’Il carattere generale della dialettica come scienza’’, riconosce a Mendeleev il merito di aver scoperto l’esistenza di elementi ignoti, fra elementi affini ordinati secondo il loro peso atomico; il grande fisico russo,a parole si scaglia contro la dialettica, ma nei fatti la utilizza.
Poco più avanti Mendeleev dirà ‘’e allo stato attuale delle cose niente ci impedisce di credere che non esista un limite alla conoscenza dell’uomo e al suo dominio sulla materia’’,quindi non esiste nessuna essenza inconoscibile.
L’uomo può, facendo proprio questo metodo, capire l’origine di tutti i fenomeni, risalendo alla composizione della materia; può comprendere e mutare il movimento dei corpi,e dallo studio della natura organica,arrivare alla comprensione delle problematiche politiche.
Secondo Trotsky,’’Il Nostro’’ (riferito a Mendeleev) fece due errori:
1) si dimostrò incapace di prevedere le conseguenza della Conferenza dell’Aja
2) ha sempre nutrito grande timore per il Socialismo di Stato.
Sull’ultimo punto Lev replicò:

’Oggi,i più lungimiranti studiosi di Mendeleev hanno incominciato a vedere chiaramente le vaste possibilità di uno sviluppo del pensiero scientifico e tecnico-scientifico,possibilità esistenti grazie al fatto che pensiero si è così dire nazionalizzato, emancipato dalle lotte mortali della proprietà privata e non gli si richiede più di prestarsi al brigantaggio dei proprietari individuali, ma è inteso a servire allo sviluppo economico della nazione nel suo insieme. La rete di istituti tecnico-scientifici sul punto di essere fondati dallo Stato è soltanto un piccolo sintomo direi materiale delle possibilità senza limiti che si sono aperte’’.  (3)

Non posso che concordare con lui.

5. Il secondo discorso è del 1926 ed è stato fatto al Congresso Panrusso della Società degli amici della Radio; qui Trotsky si occupa di un argomento,alla luce degli avvenimenti recenti,attualissimo:i rapporti fra Radioattività e Materialismo.
L.D. è consapevole dei rischi racchiusi dalla liberazione dell’atomo e dalla energia prodotta da questo,ma considera il tutto come una conquista dell’umanità,senza immaginare (come ricorda Roberto Massari  (4) gli imprevisti politici che ne sarebbero potuti derivare.
Il problema inizia quando,ad abusare delle scoperte scientifiche ci sono le borghesie private,vincolate alla logica del profitto, oppure, ed è il caso di Chernobyl, degli apparati burocratici,con interessi non meno abietti.
Riporto una citazione tratta dal testo di cui parlo:

‘’I fenomeni della radioattività ci stanno portando ai problemi della liberazione e dell’energia interna dell’atomo. L’atomo contiene in sé stesso una potente energia nascosta e il più grande compito dei fisici consiste nell’estrarre questa energia,nel togliere il tappo in modo da far uscire in una specie di fontana questa energia nascosta. Allora si aprirà la possibilità di sostituire il carbone e il petrolio con l’energia atomica,che diverrà anche la forza motrice principale’’.

Qui si parla di un utilizzo di classe dell’energia atomica, non di certo di uno sviluppo energetico nazionale, volto a fronteggiare la competizione imperialistica; lezione valida, da utilizzare sul piano delle lotte politiche,ma anche sul piano teorico contro i feticisti della Geo-Politica.
Prima di avviarmi verso la conclusione voglio ‘’spiegare’’ che la Tecnica non è solo uno strumento dell’oppressione di classe; la macchina soffoca l’operaio per mezzo del lavoro salariato, ma questo può liberarsi solo grazie alla stessa macchina.
Trotsky fa un esempio a dir poco geniale:

 ‘’ Compagni, se volete un esempio semplice ma significativo della contraddizione insita nella tecnica stessa, il migliore è quello delle ferrovie. Se date un’occhiata ai treni-passeggeri dell’Europa occidentale, vedrete che hanno vagoni di «classi» diverse. Queste classi ci ricordano le classi della società capitalista. I vagoni di prima classe sono per gli strati superiori privilegiati, quelli di seconda per la media borghesia, quelli di terza per la piccola borghesia e quelli di quarta per il proletariato, che in passato era definito, a ragion veduta, Quarto Stato. Di per sé i treni sono una grandiosa conquista tecnico-culturale dell’umanità che ha enormemente trasformato la faccia della terra nel corso di un solo secolo. Ma la struttura di classe della società influenza anche la struttura dei mezzi di comunicazione. E le nostre ferrovie sovietiche sono ancora ben lontane dall’eguaglianza – non solo perché usano i vagoni ereditati dal passato, ma anche perché la NEP solo crea le condizioni dell’eguaglianza senza poterla realizzare’’. (5)

E’ chiaro ai più (vana illusione!) che la struttura di classe della società ci sta portando dritti filati verso le barbarie di una guerra permanente;amo ironizzare,ma questo è il modo più realistico per arrivare alla fase di concedo verso i lettori.

6. L’ultima riflessione che faccio,per completare il discorso sul metodo di Trotsky,è su un punto (e solo un punto preciso!) di ‘’L’A,b,c,delle Dialettica’’,pubblicato dal L.D. nel 1939.
La dialettica è materiale, ed è bene tenere presente questa parola dal tono molto profondo, perché ha le sue radici nella natura,è lì che avvengono i cambiamenti principali.
Quindi i cambiamenti della materia non sono solo quantitativi ma anche qualitativi; il nostro pensiero, e quindi l’attività speculativa,prende atto di queste variazioni,e cerca di classificarle.
L’autore di ‘’La Rivoluzione Permanente’’ si mette in cattedra:

’ A queste trasformazioni (delle specie, degli elementi, etc.) è strettamente legata la questione della classificazione, egualmente importante nelle scienze naturali e nelle scienze sociali. Il sistema di Linneo (XVII sec.),  fondandosi sulla immutabilità delle specie, si limitava all’arte di descrivere e di classificare le piante secondo il loro aspetto esteriore. Il periodo infantile della botanica è analogo a quello della logica, perché le forme del nostro pensiero si sviluppano, come tutto ciò che è vivente. Rigettando deliberatamente l’idea dell’immutabilità delle specie, e attraverso lo studio della storia dell’evoluzione delle piante e della loro conformazione, che si è potuto gettare le basi di una classificazione realmente scientifica’’. (6)

E ancora:

‘’ Marx che a differenza di Darwin era un dialettico cosciente, ha trovato le basi di una classificazione scientifica delle società umane nello sviluppo delle forze produttive e la struttura dei rapporti di proprietà, che costituiscono l’anatomia della società. Non è che utilizzando il metodo di Marx che si può utilizzare il concetto di stato operaio e il momento della sua rovina’’.

Classificazione realmente scientifica che comprenderà le categorie sociali,i processi politici,e lo studio dei sistemi economici, dal Capitalismo allo Stato Operaio; tutte cose che la scienza borghese non è riuscita a fare, ma che i marxisti, fino a quando il marxismo non era un inventario,hanno fatto.
Il lettore, compagno o meno che sia, se confronta a mente lucida le reazioni dei ‘’mandarini universitari’’ davanti le giornaliere catastrofi del capitalismo in crisi,non può che darmi ragione.

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NOTE

1) Leon Trotsky ‘’La mia vita’’ pp. 439-440 Ed. Giovane Talpa 2006

2) Leon Trotsky da ‘’Marxismo e scienza’’,Samonà e Savelli,Roma 1969

3) Leon Trotsky da ‘’Marxismo e scienza’’,Samonà e Savelli,Roma 1969

4) Roberto Massari ‘’Trotsky e la ragione rivoluzionaria’’ pp. 341-342 Ed. Massari 2004

5) Leon Trotsky ‘’Cultura e socialismo’’,Articolo tratto da ‘’Rivoluzione e vita quotidiana’’

6) Leon Trotsky ‘’L’A,b,c,della dialettica’’,Testo tratto da ‘’In difesa del marxismo’’

17 marzo 2011

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